Indirizzo
Via Casilina 641, Roma
GPS
41.8780646984, 12.548182526186
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Le Catacombe dei Santi Marcellino e Pietro sono le terze catacombe più estese di Roma, conservano il luogo di sepoltura dei martiri a cui sono dedicate e sono situate al III miglio dell’antica via Labicana, che in questo tratto corrisponde grosso modo all’attuale via Casilina.
Scavate tra la seconda metà del III secolo e gli inizi del V, si estendono per oltre 20.000 metri quadri, su due livelli principali, con una profondità di circa 12 metri. L’importanza storica e spirituale del sito, la complessità della struttura, uniti alla ricchezza degli affreschi che la decorano, ne fanno un autentico tesoro della Roma Cristiana Sotterranea.
Dopo un’estesa opera di restauro degli ambienti curata dalla Pontificia Commissione di Archeologia Sacra, ufficio della Santa Sede competente per le catacombe cristiane di Roma e d’Italia, e finanziata in buona parte dalla Heydar Aliyev Foundation, dall’aprile del 2014 le catacombe sono regolarmente visitabili.
Il territorio
L’area in cui si svilupparono le catacombe è posta all’interno del possedimento imperiale definito nel Martirologio Geronimiano con il toponimo “ad (o inter) duas lauros”. Questo territorio è attraversato dall’antica via Labicana (in questo tratto corrispondente grosso modo all’odierna via Casilina), un tracciato che rappresentava anticamente la principale via di comunicazione con i Colli Tuscolani. La denominazione latina dell’area è incerta. Trattandosi di una proprietà imperiale, è ipotizzabile che tragga il suo nome dalla presenza di due allori, alberi simbolici della maestà dell’imperatore.
L’area apparteneva all’Augusta Flavia Giulia Elena, come tramanda il Liber Pontificalis nella vita di San Silvestro papa (314-315), specificando che le fu donata dal figlio Costantino e si indicano anche i confini della proprietà, detta Fundus Laurentum, che si estendeva dalla Porta Sessoriana (Porta Maggiore) fino al Mons Gabus (da identificarsi con il mausoleo detto “Monte del Grano”, presso Piazza dei Tribuni) ed era compresa tra le vie Prenestina e Latina.
L’area in cui sorgono le catacombe era interessata da necropoli sin dalla tarda età repubblicana. Successivamente (tra il II e III secolo d.C.), fu occupata dal cimitero degli equites singulares Augusti, la guardia a cavallo dell’imperatore, ma già al tempo delle persecuzioni di Decio e Valeriano i cristiani avevano scelto questa località per le tombe di alcuni martiri, che divennero ben presto oggetto di venerazione. Costantino pose fine alla convivenza tra le diverse realtà cimiteriali, sciogliendo il corpo degli equites singulares (rei di essersi schierati con l’imperatore Massenzio nella battaglia del Ponte Milvio) e procedendo alla distruzione della loro necropoli sulla Labicana e dei loro accampamenti al Laterano, con l’intento di una vera e propria damnatio memoriae.
Le catacombe
Le catacombe dei SS. Marcellino e Pietro hanno origine intorno alla metà del III secolo, in un periodo di distensione nei rapporti tra l’autorità civile e la comunità cristiana, durante l’impero di Gallieno (253-268). Lo sfruttamento funerario del sottosuolo da parte dei cristiani si avviò all’inizio su più nuclei autonomi che poi si fusero nel complesso catacombale attuale. In uno di questi nuclei originari furono deposti i due martiri che hanno dato il nome al complesso: le loro tombe sono visibili all’interno di una piccola basilica sotterranea absidata (resasi necessaria per accogliere i fedeli sempre più numerosi), voluta da papa Onorio I (625-638), mentre il pontefice Adriano I (772-795) vi costruì uno scalone monumentale, l’ultimo intervento edilizio documentato in catacomba.
L’accesso al cimitero sotterraneo è oggi ubicato sul lato sinistro del piazzale d’accesso al Mausoleo di Sant’Elena.
Le catacombe si estendono per una superficie di oltre 20.000 mq e si stima che, nel solo III secolo, accolsero più di 11.000 persone, a cui ne vanno aggiunte da 5 a 6000 in superficie. Anche se attualmente solo una parte dei cunicoli è accessibile, il percorso di visita consente ugualmente di apprezzare la bellezza del complesso e, soprattutto, il suo straordinario patrimonio pittorico.
L’importanza delle catacombe, del resto, è confermata dal fatto che esse, insieme al citato Mausoleo, alla Basilica Costantiniana, oggi interrata, e ai resti del cimitero degli equites singulares Augusti, formano l’eccezionale complesso archeologico Ad duas lauros, tutelato con vincolo culturale diretto areale apposto con Decreto Ministeriale il 16 aprile 1987.
I Santi Marcellino e Pietro
Per quanto riguarda le memorie cristiane, i due santi che danno il nome alle catacombe sono rappresentati in uno dei più noti affreschi dell’arte paleocristiana, quello del Cubicolo dei Santi Eponimi.
Nella volta dell’ambiente, infatti, appare raffigurato Cristo in tunica purpurea e seduto su un trono, affiancato dalle lettere apocalittiche alpha e omega e dai santi Pietro e Paolo. Ai suoi piedi sono rappresentati i martiri Gorgonio, Pietro, Marcellino e Tiburzio, individuabili da didascalie. Le loro iconografie sono piuttosto generiche, vestono tunica e pallio e calzano sandali. Tiburzio e Gorgonio sono castani e imberbi, mentre Pietro e Marcellino hanno barba e capigliatura grigia. Per conoscere la storia della vita dei due martiri eponimi si deve ritornare ai tempi di Diocleziano: come tramanda un’iscrizione in onore dei due martiri composta da papa Damaso (366-384), il quale attesta di aver conosciuto le vicende di Pietro e Marcellino direttamente dal loro carnefice, essi furono uccisi durante la persecuzione dioclezianea (304 d.C.). Furono decapitati in un bosco nel suburbio romano dove, prima di essere uccisi, vennero obbligati a scavare con le proprie mani la loro tomba. Secondo una tradizione, il luogo del terribile martirio era conosciuto come Selva Nera e dopo la loro morte fu ribattezzato Selva Candida, oggi località sulla Via Cornelia.
Fu per merito di una matrona romana, di nome Lucilla, che i corpi dei due martiri vennero trasportati sulla via Labicana, presso la località ad duas lauros, in un cubicolo di proprietà della matrona e posti entro due semplici loculi, ancora visibili. Con la traslazione dei santi corpi il cimitero cristiano fu dedicato alla memoria dei due martiri, che già da vivi avevano fama di santità: sappiamo che Pietro, più anziano, era un esorcista, mentre Marcellino era un giovane presbitero.
Nel cimitero ad duas lauros erano venerati anche Gorgonio, Tiburzio, i Santi Quattro Coronati e due gruppi anonimi di martiri, i Trenta Martiri e i Quaranta Martiri, forse quelli di Sebaste, tutte vittime della grande persecuzione di Diocleziano, eccetto forse Gorgonio, caduto in una persecuzione precedente.
Le sepolture multiple
Nel 2003, grazie ad una scoperta fortuita, vennero alla luce, non lontano dalla cripta dei SS. Marcellino e Pietro, nuovi ambienti inesplorati, alcuni contenenti affreschi altomedievali forse riferibili ai Quaranta di Sebaste, e una serie di vani stipati di scheletri, deposti con cura.
Questi ultimi possono essere stimati in alcune migliaia, deceduti probabilmente in un lasso di tempo molto limitato. Questa particolarità e la datazione al C14 dei resti ossei, tra il II e gli inizi III secolo, fanno supporre che la causa di morta sia stata un evento epidemico (forse la cosiddetta “peste antonina”).
Gli affreschi come ponte tra ieri e oggi
Una delle caratteristiche principali delle catacombe dei SS. Marcellino e Pietro è sicuramente il ricchissimo patrimonio di affreschi (per lo più risalenti al IV secolo d.C.) che rende il complesso una vera e propria pinacoteca sotterranea, capace di offrire al visitatore un panorama completo dell’iconografia cristiana delle origini. Ma oltre a questo valore inestimabile dal punto di vista estetico e storico, non va sottovalutata la straordinaria modernità degli affreschi, che creano un ponte inedito tra l’antico e il contemporaneo.
Infatti, una delle caratteristiche salienti degli affreschi presenti nelle catacombe è che essi ci raccontano la variegata composizione della societas romana tardoantica. Ciò appare evidente nel fatto che, con notevole frequenza, sono raffigurate quelle storie dell’Antico e del Nuovo Testamento che sottolineano, oltre alla via della salvezza eterna, il valore del dialogo insito nello spirito del cristianesimo. Basti pensare alla scena del colloquio di Cristo con la Samaritana al pozzo (Gv 4, 4-42), chiara allusione all’auspicio di una composizione positiva della storica ostilità dell’ebraismo nei confronti della comunità samaritana. Ma non sono rari anche i segni, le immagini e le scene di un mondo pagano, profano, neutrale, ancora legato alla cultura ideale e religiosa della tradizione classica.
Allo stesso tempo, appare quanto mai straordinaria la relazione che queste antiche opere trovano con quelle contemporanee, non più realizzate nei cubicoli della “città dei morti”, ma nelle strade della “città dei vivi”. Parliamo ovviamente dei murales di Street Art che impreziosiscono il quartiere di Tor Pignattara e che sembrano lo specchio “sopra terra” di questa straordinaria galleria “sotto terra” creata centinaia di anni fa. Una specularità che si rende ancora più evidente dall’analisi dei temi che vengono affrontati nella galleria a cielo aperto di Street Art.
Ritorna dominante il tema del dialogo, della tolleranza, della multiconfessionalità che torna di nuovo a legare il “sopra” e il “sotto”, lo “ieri” all’”oggi”, attraverso un filo rosso che, forse, disegna l’anima profonda di questo territorio.
PER APPROFONDIMENTI: SCHEDA DELLA PONTIFICIA COMMISSIONE DI ARCHEOLOGIA SACRA
Tipologia e vincolistica
- Tipologia del bene: Culturale
- Vincoli associati:
- D.M. il 16 aprile 1987, vincolo diretto areale rappresentato su Carta dell’agro, Carta della qualità e P.R.G
- D.M. il 18 marzo 1994 (Tor Pignattara), vincolo indiretto areale rappresentato su P.R.G e su P.T.P.R.
- D.M. il 21 ottobre 1995 (Ad Duas Lauros), vincolo indiretto areale rappresentato su P.R.G e su P.T.P.R.
Opening Hours
Lunedì
10-12 / 15-17
Martedì
10-12 / 15-17
Mercoledì
10-12 / 15-17
Giovedì
–
Venerdì
10-12 / 15-17
Sabato
10-12 / 15-17
Domenica
10-12 / 15-17