La Resistenza alla borgata Gordiani

Indirizzo

via dei gordiani 349 roma

GPS

41.8885481, 12.5537627


Sul muro dell’oratorio della chiesa di Santa Maria della Misericordia in via dei Gordiani 349 si trovano due targhe di marmo.

La targa a sinistra ricorda le vittime dei bombardamenti Alleati. A destra l’epigrafe conserva i nomi dei partigiani caduti durante la lotta di liberazione

Due giovani amici e la strage delle fosse Ardeatine

Partendo da quella di destra, troviamo un quartetto di nomi, due dei quali già ricordati nella targa di piazza della Marranella a Tor Pignattara. Si tratta di Otello Valesani e Ilario Canacci, entrambi fucilati alle Fosse Ardeatine il 24 marzo 1944.

Otello Valesani, foto tratta dal sito www.mausoleofosseardeatine.it

Otello Valesani era un giovane calzolaio di 19 anni, con una gamba paralizzata fin dall’infanzia, per cui aveva subito otto operazioni, mentre, a causa della pleurite, era stato operato per ben due volte, subendo l’asportazione di due costole. Le precarie condizioni fisiche di Otello gli valsero così la riforma dal servizio militare. All’indomani dell’8 settembre Otello era entrato nella formazione locale aderenti a Bandiera Rossa “Banda Gordiani-Quarticciolo” al comando di Cosimo Albanese, come molti giovani della zona, attivi soprattutto in azioni di reperimento di armi e munizioni presso gli aeroporti di Centocelle e di Ciampino e i forti Casilina e Prenestina.

Ilario Canacci, foto tratta dal sito www.mausoleofosseardeatine.it

La sorte di Otello è legata a quella di Ilario Canacci, un giovanissimo cameriere di 17 anni dell’Hotel Pace Elvezia in via 4 novembre, anche lui abitante nella borgata Gordiani insieme alla sua numerosa famiglia. Più grande di 4 figli (due maschi e due femmine), alla morte del padre nel 1939 divenne di fatto il capofamiglia. La giornata di Ilario cominciava la mattina all’alba, quando consegnava il pane per conto di un forno di zona. La sorella Anna Maria, in una testimonianza conservata nel fascicolo personale depositato presso l’Anfim (Associazione nazionale famiglie italiane martiri), racconta che Ilario era un ragazzo allegro, generoso e che molti chiamavano “fornaretto“, proprio per la sua attività di consegna del pane. Qualche tempo dopo Ilario lasciò la sua attività presso il forno e venne assunto come secondo cameriere all’Hotel Pace Helvezia.

Nella serata del 19 febbraio 1944 Otello Valesani bussò alla baracca (questo era il termine che si usava per indicare i padiglioni delle case di borgata costruite dal fascismo) di Ilario Canacci e lo convinse a seguirlo, nonostante il ragazzo fosse stanco e assonnato. Bisognava sabotare una postazione antiaerea tedesca presso l’aeroporto di Ciampino. Poco dopo la mezzanotte il gruppo di giovani sabotatori venne sorpreso dai militari tedeschi. Alcuni riuscirono a fuggire, ma Otello restò indietro, trascinando la sua gamba paralizzata, e venne arrestato. Probabilmente Ilario rallentò la sua fuga per aiutare l’amico. Dal carcere di Regina Coeli entrambi scrissero alle loro mamme: Otello pare scrisse dal carcere di via Tasso un primo biglietto con il sangue dicendo di aver “molto sofferto” e chiedendo un interessamento dei familiari e un secondo da Regina Coeli, mentre Ilario inviò alla mamma la raccomandazione a non preoccuparsi, a restare serena che sarebbe tornato presto. Entrambi furono fucilati alle Fosse ardeatine il 24 marzo 1944.

Carlo Luchetti

Carlo Luchetti aveva 53 anni (era nato a Roma il 29 luglio 1890) ed era uno “stagnaro“, che a Roma vuol dire “idraulico“, perchè in fin dei conti lo stagnaio, altro non era che un artigiano che saldava tubi rotti, impedendo all’acqua di fare danni. Aveva sposato una donna molto più giovane di lui, Isabella e aveva 6 figli. Non ci è dato sapere se i sei fossero stati tutti concepiti con Isabella, o se piuttosto Carlo avesse avuto una prima moglie.

Carlo Luchetti, foto tratta dal sito www.mausoleofosseardeatine.it

Con la sua numerosa famiglia era approdato alla borgata Gordiani nei primi anni Trenta, e occupava la baracca 796. Anche lui era entrato nelle file di Bandiera Rossa quasi subito, ma non ci è dato sapere se abbia poi coinvolto suo figlio Giovanni in questa attività di resistenza. Certo è che Carlo svolse attività di propaganda tramite opuscoli e giornali e fu attivo nell’organizzazione delle squadre di sabotori presso gli aeroporti di Centocelle e Ciampino e lungo le due consolari Casilina e Tuscolana. La sera del 29 novembre 1943 Carlo Luchetti e suo figlio Giovanni vennero arrestati mentre erano impegnati in un’azione di sabotaggio lungo la via Tuscolana, insieme ad altri compagni. In particolare stavano tagliando 300 metri di filo telefonico fra due posti di blocco tedeschi. Venne processato e condannato a morte, recluso nel carcere di Regina Coeli e fucilato alle Fosse Ardeatine. Di suo figlio Giovanni non si hanno informazioni. 

Ugo Codani

Sulla targa, accanto al suo nome, è riportata la motivazione e la data della sua morte: fucilato il 24 settembre 1943, forse confuso con Augo Codani, un giovanissimo di 16 anni ucciso in quei giorni di settembre. Ugo Codani invece sembra a aver fatto parte di un gruppo di sabotatori militante nelle formazioni di Bandiera Rossa e più volte presente nelle azioni di sabotaggio negli aeroporti di Centocelle e Ciampino.  La motivazione espressa per il conferimento della Medaglia d’Argento alla memoria nel 1957 rimanda ad un evento accaduto il 15 febbraio 1944 presso l’aeroporto di Centocelle. Qui Ugo sarebbe stato ucciso dai soldati tedeschi mentre copriva la ritirata degli altri compagni, che avevano tentato di distruggere un deposito di munizioni e incendiato dei velivoli. 

Subito dopo l’armistizio, con pronta decisione, partecipava alla lotta di liberazione segnalandosi a capo di una pattuglia di sabotatori, per iniziativa ed ardimento. Penetrato con pochi compagna nell’aeroporto di Centocelle e fatto segno al fuoco dei tedeschi di guardia, riusciva ugualmente a farsi sotto ad alcuni apparecchi, incendiandone tre. ferito, si attardava a coprire col fuoco della propria arma automatica la ritirata dei suoi, sino a che, nuovamente colpito, cadeva da prode sul campo, fronte al nemico.

Infine Carmine Fusilli non risulta fra le 335 vittime delle Fosse Ardeatine. 

Stele commemorativa della lotta di Liberazione in Largo delle Terme Gordiane