Il Comprensorio Ad Duas Lauros è connotato dal tracciato storico di due antiche direttrici viarie: la via Prenestina, di origine protostorica, e l’antica via Labicana, oggi via Casilina, costellate di numerose persistenze archeologiche monumentali, che costituiscono nell’insieme un patrimonio unico nel suburbio romano.
Ad una varietà di sepolcri di epoca romana, che vanno dalla tomba patrizia tardo repubblicana del c.d. Torrione ai colombari imperiali di Largo Preneste e via Olevano Romano, si aggiungono infatti le importanti ville imperiali dei Gordiani presso il parco omonimo, citata dalle fonti antiche per la ricchezza dei suoi edifici, e di Costantino, villa “Ad duas lauros” presso il Parco archeologico di Centocelle, oltre alle villae rustiche insediate nel territorio già dalla tarda età repubblicana (Villa di Largo Irpinia e le Ville della Piscina e delle Terme presso il Parco archeologico di Centocelle).
Sono straordinarie le testimonianze del primo Cristianesimo, riconoscibili in due basiliche circiformi di epoca costantiniana, costruite a ridosso delle due principali direttrici viarie e associate a due mausolei imperiali, il mausoleo di Tor de Schiavi ed il Mausoleo di S. Elena, nonché una delle più estese catacombe di Roma, quella dei Santi Marcellino e Pietro, vera e propria pinacoteca sotterranea;
LA VIA LABICANA (VIA FRANCIGENA DEL SUD)
Modernamente è conosciuta come via Casilina per il tratto che va da Porta Maggiore a Torrenova; deriva il suo nome dalla città di Labico, odierna Montecomprati, verso la quale la strada era diretta. La via rivestiva enorme importanza, collegando la città di Roma ai Colli Tuscolani e divenendo una direttrice per i traffici verso sud. Come tutte le vie consolari era il luogo lungo il quale nascevano mausolei e necropoli: la Tomba di S. Elena ne è per tutti fulgido esempio. Nella stessa zona della suddetta tomba, la via Labicana attraversa la proprietà imperiale detta Ad Duas Lauros, l’area della necropoli degli Equites Singulares, le guardie a cavallo dell’Imperatore.
Negli ultimi anni, l’intensificarsi dell’interesse verso le antiche forme di pellegrinaggio, ha fornito rilevanza al percorso della via Labicana nel tratto interno al nostro territorio, vista la sua fondamentale importanza nel cammino della Via Francigena verso Oriente: “fu proprio S. Elena l’iniziatrice dei pellegrinaggi di massa a Gerusalemme, e quindi poi delle Crociate, creando per prima l’itinerario per chi voleva recarsi sui principali luoghi della nascita, morte, sepoltura, resurrezione ed ascensione di Cristo”. Sull’antico asse viario della Labicana, il Mausoleo di S. Elena e le Catacombe dei Santi Marcellino e Pietro erano una tappa primaria del pellegrinaggio della Via Francigena. Ciò è considerata la chiave di lettura della fama millenaria dell’area Ad Duas Lauros.
COMPLESSO “AD DUAS LAUROS”
L’area si trova al III miglio della via Labicana e probabilmente comprendeva un’area molto vasta in cui possiamo includere quella attualmente identificata con l’aeroporto di Centocelle ed in cui viene a trovarsi una grande villa romana attualmente in fase di studio e scavo.
Il toponimo “Ad Duas Lauros” (ai due allori) deriva dalla supposta presenza di due allori che abbellivano l’entrata della villa, da collegare con la leggendaria identificazione con l’alloro sacro che gli imperatori romani portavano nelle nuove residenze dal Palatino. Nel lato occidentale della via Labicana esisteva il cimitero delle guardie a cavallo dell’Imperatore, ed in seguito, intorno alla seconda metà del III secolo, si collocò la necropoli dei Santi Marcellino e Pietro. All’interno è identificabile la cripta a tre livelli dei santi, qui sepolti prima di essere traslati in Francia ed in seguito a Magonza in Germania. Sono importanti i graffiti che ricoprono la cripta e le gallerie, segni tangibili delle testimonianze che i pellegrini antichi lasciarono e perciò portatori di estremo valore antropologico.
MAUSOLEO DI S.ELENA
Il sepolcro che sorge al III km della via Casilina fu innalzato per accogliere le spoglie di Elena, madre di Costantino, morta nel 330 a.C. e dichiarata santa. Il mausoleo ha una interessante costruzione a pianta rettangolare, alta in origine 25 metri e costituita da corpi sovrapposti: il basamento è andato completamente distrutto nella parte ovest, mentre parte del tamburo è ancora in piedi a nord, dove poggia parte della cupola.
Nel cilindro inferiore aveva otto nicchie alternativamente rettangolari e semicircolari coperti da volte a botte: in una di queste si trovò il sarcofago dell’imperatrice. I muri a sacco, di malta mista a pezzi di tufo, sono rivestiti da mattoni disposti in fila e sovrastati da una cupola alta circa 18 metri, in cui si rintraccia l’uso della anfore per poterne alleggerire il carico. Tale metodo, rintracciabile in numerosi monumenti romani, identificò il monumento fin dal periodo medievale, come Torre delle Pignatte, da cui il nome di Torpignattara. Durante lo scavo fu rinvenuto uno splendido sarcofago in porfido rosso che si conserva ai Musei Vaticani, decorato in bassorilievo da scene di guerra. Ciò fa pensare che potesse trattarsi del sarcofago destinato ad accogliere le spoglie di Costantino, figlio di Elena, e che solo in un secondo momento fosse stato destinato alla santa imperatrice. Dopo che la salma di Elena venne traslata nella chiesa di S. Maria in Aracoeli, il mausoleo divenne prima fortezza e in seguito abitazione.
LA BASILICA
Intorno al 320 d.C., nei pressi della catacomba sorse in epoca costantiniana una basilica funeraria dedicata sempre ai Santi Marcellino e Pietro. Il monumento trova corrispondenze con la basilica di Villa dei Gordiani e di S. Lorenzo fuori le Mura. La basilica è orientata ad est, misura 65 metri di lunghezza per 29 di larghezza, con la caratteristica pianta a forma di “circo”, ha la struttura suddivisa in tre navate da una serie di pilasti. Attorno ad essa sorsero una serie di mausolei: uno di questi, sul lato meridionale, era in corrispondenza della sottostante tomba di Marcellino e Pietro.
CATACOMBE S.MARCELLINO E PIETRO
Con i loro 18.000 mq di gallerie e cunicoli, le Catacombe di S. Marcellino e Pietro sono le terze catacombe di Roma per estensione. Al loro interno sono state rinvenute numerosissime decorazioni pittoriche, cronologicamente riconducibili al IV sec. d.C, che rappresentano temi biblici, rappresentazioni di santi, di convito ed atleti. La necropoli sotterranea si sviluppò partendo dai margini delle aree destinate alla necropoli degli Equites Singulares, intorno al 260 d.C.. Man mano le gallerie furono ampliate fino a giungere ad un reticolo su tre livelli, come noi lo conosciamo, sovrastati dalla Basilica cruciforme e nel l360 d.C. da un santuario monumentalizzato ai santi Pietro e Marcellino.
CAVE ROMANE – FUNGAIE NOVECENTESCHE
Geologicamente il nostro territorio è costituito da depositi vulcanici relativi all’Unità di Villa Senni, comunemente conosciuto come “tufo”. Tutto il nostro territorio presenta un enorme numero di cave e gallerie sotterranee, impraticabili finora per motivi di sicurezza ma di grande pregio storico. Alcune delle cave inoltre, fino agli anni sessanta furono riutilizzate come fungaie per la coltivazione del tipo champignon. La proposta dell’Ecomuseo è di proporre all’interno della Casa della Cultura dei documentari che riproducano il paesaggio antico sotterraneo, con i racconti degli anziani contadini locali su questo lavoro andato ormai perso ma la cui tradizione non è stata dimenticata.
LE VILLE DEL PARCO DI CENTOCELLE
Il complesso archeologico che si trova sotto il piano di calpestìo del parco archeologico di Centocelle è di grandissima rilevanza. Nonostante anni di scavi hanno permesso di descrivere minuziosamente l’antico territorio, l’area non è fruibile al pubblico. I siti più importanti attengono a due ville note come la Villa della Piscina e la cosidetta Ad Duas Lauros, nonostante l’estensione dei siti archeologici è molto più complessa ed estesa. La proposta dell’Ecomuseo è di inserire all’interno della Casa della Cultura una serie di documentari renderizzati per mostrare virtualmente le antiche spoglie, accompagnando poi i visitatori nel luoghi reali del parco di Centocelle.
La Villa della Piscina
La villa situata ad Ovest di quella “Ad duas Lauros” era già stata rilevata planimetricamente nel 1930 e descritta in un giornale di scavo redatto durante le demolizioni effettuate per la costruzione dell’aeroporto: se ne ignorava però l’esatta ubicazione. I dati allora registrati descrivono un edificio di dimensioni grandiose, con un vasto cortile delimitato da corridoi, intorno al quale erano posti una serie di ambienti con diverse destinazioni d’uso, riconducibili a differenti fasi edilizie. Le indagini svolte negli ultimi anni hanno permesso di verificare l’esattezza dell’estensione già individuata e l’esistenza di tracce di edifici di epoca precedente. La frequentazione dell’area si può infatti far risalire alla fine del VII-VI sec. a.C.; alla media età repubblicana si attribuisce la costruzione di un primo edificio al quale vanno collegate una serie di trincee scavate nel tufo attribuibili a filari di un vigneto, situato sui lati E e N del complesso ed una serie di tracce probabilmente destinate a seminativo. Il complesso raggiunse alla fine del II sec. a.C. un’estensione di oltre 1000 mq; l’assetto definitivo si data alla fine del I ed inizi del II sec. d.C., epoca cui risale anche la costruzione dell’elemento più spettacolare, la grande piscina costruita sul lato NE di 50 metri per 14. La presenza di canali passanti nella struttura centrale ed i colli d’anfora presenti nelle pareti, testimoniano l’uso di questa vasca sia come imponente quinta scenografica del giardino sia come peschiera, che generalmente ne testimoniava il lusso. Circa agli inizi del IV sec. d.C. la Villa della Piscina venne abbandonata e probabilmente distrutta, come fanno pensare le macerie rinvenute nel riempimento della piscina stessa, tra le quali sono molti gli apparati decorativi della villa.
I CASALI
Di enorme importanza storica e paesaggistica, i casali all’interno del comprensorio sono per lo più fatiscenti ed in grave stato di abbandono. In questa sede se ne descrivono alcuni che hanno disegnato il paesaggio dell’Agro Romano. Essi dovranno essere fruibili nelle visite guidate dell’Ecomuseo e oggetto di documentari tematici.
Villa De Sanctis
Originariamente proprietà di Filippo de Sanctis, la villa fu lasciata nel 1942 all’Ente Comunale Assistenza di Roma, insieme ad un fondo di 12 ettari; il Comune dopo anni di battaglie legali riesce a farne un parco pubblico solo nel 1994. Oggi il Municipio ha destinato la villa padronale, un delizioso villino novecentesco detto Villa Fiori, a “Casa della Cultura”.
Casale Villa Sudrie’
Splendida villa degli inizi del 1900, situata tra via Labico e via dei Gordiani. La villa è caratterizzata da una caratteristico edificio signorile e un corpo di fabbrica che si allunga e limita l’ultimo tratto di via Labico. Quest’ultimo, completamente in stato di abbandono, è stato per molto tempo noto per avere al suo interno uno degli accessi alle cave romane che negli anni a cavallo del 1900 divennero fungaie.
Casale Ambrogetti (dentro Villa De Sanctis)
Il casale situato a sud di via Labico contiene resti di strutture relative ad una villa di età romana. Alcuni ruderi monumentali relativi a questo nucleo abitativo sono individuabili in una tavola del Piranesi, sullo sfondo del Mausoleo di S. Elena (Piranesi 1756, III, tav. XVIII). Al di sotto del casale, si può identificare una stanza semicircolare, in parte scavata, con cubila ed ammorsature in laterizio, probabile cisterna, che si conserva fino alla volta. Nel giardino sotto il casale sono stati osservati molti blocchi squadrati di tufo.
Casale Somaini
Il casale versa in totale stato di abbandono: si conservano resti relativi ad un manufatto agricolo tipico della campagna romana di inizi del 1900. Del nucleo agricolo, visibile da strada da Via dei Gordiani, sono presenti tre edifici minori ed un grande fienile. Il casale era inserito in un sistema a reticolo agricolo molto più vasto di cui facevano parte altri casali di recente abbattuti (Casilino 23, tra via Labico e via Belmonte Castello), vie di accesso e sistemi idrici, come ben noto in tutto l’Agro Romano.
Via del Mandrione
Via del Mandriane è una strada che corre parallela ad un tratto della Via Casilina, all’altezza della zona Pigneto, fino a circa via Porta Furba sulla Via Tuscolana. La via ha origine certamente in età romana, in quanto area di rispetto dell’Acquedotto Felice che corre parallelo ad essa; il percorso fu in seguito usato dai pastori che la sfruttarono per far transitare le greggi e le mandrie verso i capi di pascolo li vicini, da cui ha origine il toponimo. L’area dal punto di vista urbano è sempre stata occupata da ripari di fortuna; dopo il bombardamento di San Lorenzo del 1953 l’acquedotto fu meta di decine e decine di famiglie di sfollati che trovarono modo, attraverso qualche tamponamento provvidenziale degli archi romani, di passare dei mesi fuori dalle loro case andate distrutte. Le baracche, in seguito, furono occupate da gruppi di zingari e prostitute che, visto l’isolamento della zona rispetto alla più importante via Casilina, contribuirono ad aumentarne il degrado. Un grande fotografo dell’epoca, Franco Pinna, seguì lo studioso De Martino in una ricerca sul luogo, lasciando traccia ormai immortale di quell’esperienza.
Fu così che la via, più che un comune luogo di passaggio di persone e macchine, divenne una zona mitica, un luogo “altro” in cui si incrociavano il sacro e la struggente bellezza dei monumenti antichi di Roma, con il profano dei tetti di lamiera, dell’amore a ore, della merce di contrabbando: un connubio magistralmente disegnato dalla penna di Eraldo Albinati in un famoso articolo comparso sul giornale Repubblica il 30 ottobre del 2001.